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La frustrazione mia, tua e degli altri… la rabbia di tutti noi

Come promesso nell’ultimo numero del giornale riportiamo qui di seguito l’articolo scritto da una lavoratrice della federazione del sindacato Lavoro Ambiente Solidarietà del Lazio.

E strano che una persona laureata, con il master, poliedrica, dopo vent’anni di lavoro (anche se ancora giovane) e dopo aver fatto varie esperienze lavorative, tutt’ora possa trovare delle difficoltà nel trovare uno. Una di quelle persone sono io. Con un curriculum pieno di varie esperienze oggi vieni considerato una persona non affidabile. Nessuno pensa però che a volte non hai avuto altre scelte e che hai dovuto metterti in gioco per affrontare la realtà. E facile giudicare quando stai seduto su una sedia da più di 5-10 anni e ne hai la certezza che nessuno te la toglierà. Alcuni hanno dimenticato che sono passati anche loro, magari tempo fa e quando le cose non erano arrivate fino a questo punto. Invece di pensare che una risorsa come tale si potrebbe utilizzare per coprire varie mansioni all’interno dell’azienda o in caso di necessità potrebbe sostituire temporaneamente un’altra risorsa, loro fanno prima a scartarla. Tanto, siamo diventati solo dei numeri.

Sono due mesi che di giorno giro per le agenzie interinale, la mattina e la sera fino a notte tardi sto sull’internet con la paura che mi possa “sfuggire” qualcosa. Ormai il computer mi fa compagnia a colazione e cena (pranzo quando posso o mi ricordo, per strada tra una vetrina per vedere se assumono, o un’agenzia e l’altra).
Il mio percorso lavorativo in Italia è iniziato con il fare l’addestramento per diventare l’assistente di volo. Uno dei settori più precari che esistano. Facevo parte del tredicesimo corso di quell’anno (dopo ne sono stati almeno altri due) e sono venuta a conoscenza che, quelli del sesto corso non erano stati ancora inseriti nella compagnia. Ho fatto e mi sono fatta una giusta domanda: Perché continuano a formare del personale se poi dopo, questi non vengono assunti??? La risposta credo sia stata abbastanza semplice: Per la formazione del personale si possono ottenere dei fondi, e quindi, come nessuno poi chiede un reso conto di come queste risorse vengono “utilizzate” dopo la loro formazione si è andato avanti così per tanto tempo (sia prima sia dopo la mia certificazione) finché tutto è crollato e a pagarne le conseguenze, purtroppo sono stati sempre le persone che si sono illuse… Per motivi di salute io, per fortuna, ho dovuto rinunciare abbastanza presto.
Tornata alla vita “terrestre” ho dovuto cercare un lavoro e, se prima è stato il lavoro che mi ha trovato, questa volta è stata abbastanza dura… Ho iniziato con i mezzi che avevo a disposizione: i giornali, l’internet e varie agenzie interinale. Con un po’ più di fiducia e prima che i nervi mi lasciassero, alla fine ho trovato… era un progetto (che nessuno riusciva a portare a buon fine) per un ente abbastanza importante. Essendo una persona che ama le sfide e credendo nel progetto mi sono “buttata” e l’ho portato a buon fine. Questo tramite una società di servizi, la quale piuttosto che lasciarmi andare a lavorare presso il committente, come da loro richiesto, hanno preferito tenermi, tanto che a contratto scaduto non ho accettato il rinnovo alle stesse condizioni, sia economiche sia come tipologia contrattuale. Non riuscivo a capire perché io debba accettare un contratto a progetto, se questo ormai era diventato operativo.
Ed eccomi nuovamente alla ricerca…Solo che questa volta ho cambiato la “tattica” … Per evitare lo spreco di energie e per tenermi aggiornata, tra un colloquio e una ricerca mi sono messa a seguire vari corsi. Delusione totale. Quando stavo per avere un crollo psicologico è arrivata l’ultima esperienza lavorativa, la più deludente di tutte. Con tanta di grinta e di fiducia (sia da parte mia sia da parte della società) ho preso nuovamente sul serio il mio impegno, pensando che fosse un mercato che, anche se poteva subire delle variazioni non avrebbe mai conosciuto la profonda crisi. Purtroppo non è stata così… Anzi, questa volta è stato peggio…Tutto è iniziato con i ritardi nei pagamenti degli stipendi. . Alla fine dopo il mancato pagamento delle ultime quattro mensilità mi sono trovata costretta di andarmene. Questa volta è stata lesa veramente la mia dignità sia personale sia professionale. Mi sono trovata in impossibilità di pagarmi non solo l’affitto e le spese ordinarie, ma nemmeno assicurarmi il cibo. E quando ci si arriva a questo punto si deve reagire. Non mi sono mai sentita umiliata in questo modo in tutta la mia vita…di dover “elemosinare” il mio dovuto (tasse compresse). Come se qualcuno la mattina mi doveva chiamare gentilmente per andare al lavoro.
Come cittadina onesta mi sono recata presso l’Ispettorato di lavoro…non l’avessi mai fatto… Con tanta di burocrazia sono stata consigliata dagli stessi ispettori di rivolgermi ad un avvocato o a un Sindacato, in quanto con loro i tempi sarebbero stati lunghi. E strano che l’ente che dovrebbe difendere i diritti dei lavoratori abbiano tanta mancanza di rispetto nei nostri confronti. Ho capito che manca il personale perché non ci sono soldi, ma se nessuno va a fare dei controlli per recuperare da chi le tasse non gli paga, inutile lamentarsi. Non possiamo chiedere e pretendere i nostri diritti se non compiamo i nostri doveri.
Chi dice che in Italia non c’è il lavoro lo posso anche contraddire… Esiste, solo per chi ha dei contatti giusti, chi si accontenta, per chi rinuncia alla dignità, ma quello che è peggio, per chi è disposto a scendere a dei compromessi e si sa o si debba vendere (in tutti i sensi della parola). Quante volte durante i colloqui mi sono sentita “nuda” davanti alla persona che mi stava facendo il colloquio… Ti spogliano con gli occhi e consapevoli della disperazione per la così detta mancanza di lavoro, aspettano che tu accetti. E vergognoso. Purtroppo, ci sono delle persone che debbano accettare ed è questo che fa più rabbia…chi per un motivo chi per un altro, ognuno ha la sua storia e la sua ragione e noi non possiamo nemmeno permetterci di condannare o giudicare nessuno.
Ho fatto l’abitudine con ricevere le proposte compromettenti o di sentirmi posta la domanda “Perché le altre sì e tu no? Ed io di ripetere la stessa frase: “Perché davanti a lei non sono le altre, sono io”. Fare l’educazione civica e morale a persone come tale, ho capito che non serve a nulla e soprattutto non sta a me farla.
Non parliamo del razzismo… Pretendiamo un’Europa unita ma allo stesso tempo siamo per la divisione. Non esiste l’integrazione senza l’accettazione. Spesso sono gli stranieri quelli che conoscono meglio i diritti dei lavoratori ed è per questo forse alcuni ci temono. Gli stranieri hanno meno da perdere ed è per questo che non si fanno sottomettere o giunti a un certo punto si ribellano…alcuni hanno rischiato la vita per arrivare in Italia e non permettono a nessuno di trattarli male e si rischiano tutto e per tutto.
L’umiltà oggi ti fa perdere la propria identità e la dignità umana. Però in tutto ci dovrebbe essere un limite.
Siamo tanti quelli che sappiamo anche cosa significa sentirti dire: “Sei troppo preparata/o per noi”; Sei brava/o ma non è quello che stiamo cercando”…e così via. Non voglio ripetere e ricordarmi nemmeno delle proposte indecente che si ricevono durante i colloqui.
Questo ci fa pensare che studiare non serve tanto, anzi, invece di esser un pregio sta diventando sempre di più un “handicap”. Basta guardare in torno, anche senza fare tanta attenzione, e ci si può vedere un laureato in chimica, in lingue, in ingegneria ecc., che fa il cameriere o altri lavori magari frustranti per loro ma allo stesso tempo sono contenti solo perché hanno uno stipendio a fine mese. Il coraggio di metterti in gioco è diventato pura follia.
La mancanza di lavoro in Italia viene utilizzata come scusa per poter farci stare ai comodi di quelli che si pretendono dei datori di lavoro (che solo il loro dovere non lo fanno) ma anche ad accettare il gioco politico.
Stiamo rischiando di diventare una generazione non solo di precari ma anche di frustrati. Siamo diventati così anche perché abbiamo permesso agli altri di ridurci a questo status che sta diventando sempre di più un modus vivendi.
Quando i politici parlano del precariato non capiscono realmente le problematiche, quando hai le tasche piene (e non solo) è facile “buttare in faccia” agli altri pochi spiccioli, io dico, perché non ci prova a vivere lui e come tanti precari a far pronte al pagamento dell’affitto, e tutte le altre spese, le spese ordinarie, il cibo… non ci si può permettere l’abbonamento per i mezzi pubblici, perché avere la macchina non ne parliamo, è diventato un lusso. E quando ti compri un biglietto ti devi fare la mappa mentale del percorso da seguire per poter rientrare in quei 100 minuti coperti dal biglietto, conoscendo non solo il traffico della città ma anche la frequenza dei mezzi che a volte che passano strapieni e non ce la fai a salire dovendo aspettare il prossimo, e questa volta dovresti prenderlo per forza, con il rischio di sentirti male e per paura non solo di fare tardi ma anche di non superare i 100 minuti. Come se non bastava avere i soldi contatti adesso abbiamo anche i minuti.
Quindi, il lavoro c’è, solo che ti dovresti accontentare di quello che ti si offre, magari sperando di riuscire a trovarne un secondo e a volte anche il terzo per poter arrotondare e arrivare a fine mese. Così facendo però, esiste il rischio di crollare prima o poi e di arrivare ad un esaurimento psico-fisico.
Quest’estate mi è capitato di sentirmi male per strada due volte. La prima ero in Via Nazionale e sono stata “salvata” da un signore che era dietro di me e aveva visto che avvicinandomi con le ultime forze dai muri stavo per cadere, così ha impedito la mia caduta. Mi ha fatto sedere su una panchina che fortunatamente era vicina e mi ha portato una bottiglia di acqua e un po’ di zucchero. Appena ripresa sono tornata alla mia di “normalità” riprendendo il percorso iniziato.
Quindi, per noi anche sentirsi male e diventato un lusso che non possiamo permetterci.
La ricerca del lavoro è diventato un lavoro proprio. Peccato però che non viene rimunerato e che non ti fa pagare le bollette e non ti assicura il cibo quotidiano.
Siamo sempre alla ricerca, sempre di corsa e quando finalmente troviamo qualcosa che ci potrebbe accontentare, spontaneamente ti viene la domanda: “Quanto tempo durerà?” o “Questa volta come andrà a finire?” E non fai in tempo di goderti o di fare l’abitudine con il nuovo status lavorativo che vieni colpito nuovamente, in un modo o nell’altro che comunque poco importa. Dobbiamo stare sempre in allerta e guardarci le spalle. Ma questo non è un modo di vivere. La serenità e la tranquillità la dobbiamo cercare nel vocabolario (chi ancora ce ne ha uno, forse rimasto in eredità da qualche nonno o parente).
Purtroppo in quanti ci si trovano in una di queste situazioni…si cambia il nome ma l’essenza è sempre la stessa. Giri, corri, insegui…e così la vita ti passa accanto. Ma non ti godi nulla.

C.B.


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