L’Europa Introvabile
Diciamo solo che non tireremo le carte né cercheremo di scoprire il futuro nella sfera di cristallo.
Cerchiamo qui di svolgere solo qualche considerazione e tracciare i contorni di una possibile riflessione e comprensione.
Ormai dev’essere chiaro che l’Europa è entrata già in una fase di disintegrazione.
In questo senso, cioè nel senso di una chiarificazione storica necessaria, la «brexit» è da considerarsi positivamente.
Se per un attimo ci riferiamo a un dibattito geo-filosofico, dobbiamo dire che è difficile anche solo tracciare i confini dell’Europa.
Dove essa inizia (a Lisbona?) e dove essa finisce (alla frontiera russa, agli Urali o a Vladivostok?)
E l’area mediterranea, che nella storia fu sempre l’altra metà del l’Italia e della Grecia, come considerarla?
Molto più distante fu, per esempio, l’area scandinava.
I confini dell’Europa furono poi sovradeterminati dalla «guerra fredda», e dalla struttura militare della Nato.
Questo è ancor più vero oggi.
In anni immediatamente recenti, i new com statunitensi hanno cercato una «giovane Europa» nella Polonia, nei paesi ex socialisti e baltici, in funzione anti-russa.
Un secondo elemento di riflessione ci porta alla struttura sociale ed economica, alla condizione specifica del sud» e al ruolo della Germania.
La recente vicenda greca (e Syriza), la vicenda spagnola (con Podemos, la rivincita conservatrice e un ‘ingovernabilità di fondo), sono elementi esemplari della situazione del Sud Europa. D’altra parte la Germania persegue interessi nazionali incompatibili spesso con un ruolo di propulsione e di guida.
Si è molto parlato di «populismo», è un termine tutto da discutere. Laclau ne dà un’interpretazione positiva, in riferimento soprattutto all’America latina, populismo è un rapporto politico con le masse, ed è anche un orientamento «spontaneo», del popolo appunto.
Populismo dunque di “destra” e di “sinistra”.
Ma l’elemento di riflessione più importante è quello della» Decadenza dell’Europa», decadenza economica, politica e spirituale.
Ho avuto modo di leggere su di un quotidiano, la sciocchezza che» il brexit bloccherebbe la globalizzazione.
Ma è proprio il contrario: è la mondializzazione che ha avuto una velocità enorme te superiore alla asfittica configurazione di uno spazio europeo.
L’economia –mondo, direbbe Braudel, ha travolto un’economia ormai obsoleta e autoreferenziale.
La tentazione adesso è la ricostituzione di forme protezionistiche-nazionali, il socialismo a sbocco fascista del Fichte dello “Stato nazionale chiuso”.
Utopie regressive e illusorie. La storia ha rimesso gli stivali delle sette leghe.
Eppure la decadenza economico –sociale europea, indica un punto di caduta catastrofica che pone all’ordine del giorno l’attualità del comunismo.
L’innovazione tecnologica, dentro un differenziale dei salari a livello mondiale e un a tendenziale omogeneità della capacità produttiva, non è sufficiente.
Né si si vede perché l’operaio cinese dovrebbe guadagnare di meno di uno europeo.
E’ necessario dunque un altro tipo di innovazione sociale, capace di sventrare la giornata lavorativa sociale e di riqualificare il lavoro come attività generale cooperativa sollo l’egemonia del l’intelletto generale.
Cooperazione sociale, applicazione diretta della scienza alla produzione sono nei «Grundrisse «di Marx la fenomenologia di un “general intellect” ché è il punto catastrofico del capitalismo.
Queste categorie ancora capitaliste vanno risoggettivizzate, e materializzate nella lotta e nel movimento reale.
Non c’è più spazio in Europa per le miserie socialiste.
La rinascita spirituale dell’Europa sarà comunista o non sarà.
Giancarlo Pizzi